La Corte di Cassazione III Sezione Penale nella sentenza 13492/2010, depositata il 9 aprile 2010, ha stabilito che un intervento di demolizione e ricostruzione di rudere rientra nella nozione di nuova costruzione e non nella categoria del restauro e risanamento conservativo.
La controversia derivava dalla demolizione e successiva realizzazione – in area dichiarata di interesse pubblico – di un manufatto di dimensioni maggiori rispetto a quello originario, in assenza di permesso di costruire.
Dagli accertamenti effettuati era emerso che la sagoma e l'area di sedime del manufatto realizzato fossero diversi rispetto a quello preesistente, per forma e dimensioni.
I giudici, hanno sottolineato come l'abbattimento di un fabbricato fatiscente e la successiva ricostruzione di un manufatto di dimensioni maggiori non possa configurare un'ipotesi di restauro e risanamento conservativo.
Infatti, la caratteristica essenziale del "restauro e risanamento conservativo" è quella della conservazione di un organismo edilizio esistente, attraverso un insieme sistematico di opere volto ad assicurarne la funzionalità, nel rispetto degli elementi dell'edificio originario.
Secondo i giudici, quindi, in questo caso l'intervento può essere inquadrato:
a) come ristrutturazione edilizia;
b) come nuova costruzione, se riguarda ruderi o edifici già da tempo demoliti e quindi non identificabili in un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali ed elementi di copertura.
La Corte di cassazione ha così confermato un orientamento già da tempo affermato dalla giurisprudenza amministrativa, in base al quale non sono configurabili interventi di ristrutturazione edilizia nelle ipotesi di ricostruzione su ruderi o su edifici diruti (Consiglio di Stato, sentenze 2142/2004, 240/1997 e 2021/1991).
Infatti da tutti questi pronunciati risulta che è opinione prevalente che per qualificare un intervento come ristrutturazione edilizia devono ricorrere due presupposti:
1) la preesistenza di un manufatto da ristrutturare;
2) la contiguità temporale delle opere.
In particolare la demolizione e ricostruzione devono rappresentare due fasi di un intervento unitario, finalizzato, nel suo complesso, alla conservazione di un manufatto che risulti ancora esistente al momento dell'inizio dei lavori e soprattutto identificabile nella sua struttura portante (Cassazione penale, sentenza 14455/2003).
Quando mancano questi presupposti, al contrario, non si può più parlare di ristrutturazione, ma occorre fare riferimento alla diversa categoria della nuova costruzione.
Si rammenta che per qualificare correttamente un intervento si debba sempre fa riferimento alla Legge regionale che lo disciplina specificatamente.
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