domenica 4 dicembre 2011

Legge di stabilità 2012: novità per i professionisti

La Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012) approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265 prevede una serie di novità dirompenti per i professionisti.

ENTRATA IN VIGORE: 


Art. 36. 
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 33, commi 7, 9, 29, 31, 35 e 36, la presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2012.

In sintesi ecco le novità.


RIFORMA DEGLI ORDINI PROFESSIONALI


Art. 10. (Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti)
1. All’articolo 3, comma 5, alinea, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole: «Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi:» sono sostituite dalle seguenti: «Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti princìpi:».
2. All’articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali sono abrogate con effetto dall’entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5».


Viene prevista come strumento per riformare gli Ordini Professionali (che dovrebbe imporre la formazione continua, l'assicurazione obbligatoria e un procedimento disciplinare terzo) un decreto presidenziale.
Nell'ordinamento italiano il decreto del presidente della Repubblica (in sigla d.P.R., o anche DPR) è un atto del Presidente della Repubblica.
Gli atti emanati con DPR sono: 
i regolamenti governativi;
gli atti di nomina degli alti funzionari e dirigenti dello Stato, secondo quanto stabilito dalla legge;
gli altri atti indicati in maniera speciale dalla legge.
Il dubbio che gli ordini professionali hanno espresso è se lo strumento giuridico del Dpr sia un veicolo giuridico idoneo per un Riforma delle professioni.
Da un lato, infatti ci si è domandato se un DPR possa incidere su norme di rango primario in base a quanto previsto dall'articolo 17 comma 2 della legge 400/1988 ("2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari."), dall'altro se sia strumento adeguato visto che in base all'art. 117  della Costituzione le professioni rientrano fra le materie concorrenti fra Stato e Regioni (ART. 117: "Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. 
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.") 


SOCIETA' FRA PROFESSIONISTI  (c.d. "STP")


Art. 10. (Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti)
. All’articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali sono abrogate con effetto dall’entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5».
3. È consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile.
4. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda:
a) l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
b) l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento;
c) criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente;
d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.
5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società tra professionisti.
6. La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti.
7. I professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta.
8. La società tra professionisti può essere costituita anche per l’esercizio di più attività professionali.
9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
10. Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.
11. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è abrogata.


Le società tra professionisti potranno essere sia società di persone, sia società di capitali, sia società cooperative.
Indipendentemente dal modello organizzativo prescelto, le caratteristiche essenziali delle STP che devono essere desumibili  dallo Statuto sono le seguenti:
- la presenza nella ragione o nella  denominazione sociale (erroneamente la lettera della legge parla di denominazione, ma ritengo che sia una sbavatura nella formulazione) dell'espressione "società fra professionisti";
- la previsione dell'esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento;
- l'indicazione dei criteri e delle modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta;
- la previsione che la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, la disposizione che il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente.

L'aspetto più dirompente della nuovo modello organizzativo si sostanzia non tanto nella possibilità che  possano entrare anche soggetti non professionisti, ma soprattutto nella mancanza di previsioni volte a prevedere limiti al possesso delle quote  o alla partecipazione agli organi deputati all'amministrazione delle società medesime.

Inoltre mentre si ammette la possibilità di società multiprofessionali, si introduce un divieto di partecipazione a più STP, prima non previsto per le associazione di cui all'abrogata L. 1815/1939.

Quest'ultima legge viene fra l'altro abrogata tout court, creando un curioso vuoto normativo.
Da un lato infatti si fa salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge (quindi le vecchie associazioni), evitando la trasformazione degli Studi professionali esistenti, dall'altro però si cancella con un colpo di spugna la normativa in cui essi trovavano la loro ragione di esistere, facendo sorgere il dubbio di quale normativa sia loro applicabile (nuova o vecchia?).


Nulla si dice in merito al profilo fiscale.
Quindi ci si domanda se il trattamento fiscale fra gli studi associati e le società professionali potrà essere diverso ovvero potrà valere il principio già sancito dalla risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 118 del 28 maggio 2003 che ha qualificato come reddito di lavoro autonomo quello conseguito dalle società fra gli avvocati.


Un altro  problema che si renderà necessario affrontare sarà il sistema utilizzabile per passare dalla forma organizzativa dello studio professionale alla stp.
Le ipotesi avanzate nei primi commenti sono o una "trasformazione" sul presupposto che lo studio associato sia equiparabile ad una società semplice (come asserito in alcuni pronunciati giurisprudenziali da ultimo Cassazione 16500/2004) ovvero una sorta di conferimento dell'attività  individuale o associata in società (determinando l'ingresso degli associati in società). Quest'ultima operazione molto dubbia sotto un profilo  civilistico, sarebbe stata avallata dall'Agenzia delle Entrate con la circolare 8/E/2009 e nella Risoluzione 177/E del 2009.



SINDACO UNICO


Art. 14. (Riduzione degli oneri amministrativi per imprese e cittadini)
12. All’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)».
13. L’articolo 2477 del codice civile è così sostituito:
«Art. 2477. - (Sindaco e revisione legale dei conti). – L’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un sindaco o di un revisore.
La nomina del sindaco è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.
La nomina del sindaco è altresì obbligatoria se la società:
a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’articolo 2435-bis.
L’obbligo di nomina del sindaco di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.
Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l’atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal sindaco.
L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina del sindaco. Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato».
14. All’articolo 2397 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Per le società aventi ricavi o patrimonio netto inferiori a 1 milione di euro lo statuto può prevedere che l’organo di controllo sia composto da un sindaco unico, scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro».
15. Nel caso in cui siano entrate in vigore norme di legge o regolamentari che incidano, direttamente o indirettamente, sulle materie regolate dallo statuto sociale, le società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro V del codice civile, le cui azioni non siano negoziate in mercati regolamentati, possono modificare il proprio statuto con le maggioranze assembleari previste in via generale dallo statuto per le sue modificazioni, anche nei casi in cui lo statuto stesso preveda maggioranze più elevate per la modifica di determinati suoi articoli.

S.R.L.
Nelle S.r.l. nella rubrica dell'art. 2477 c.c. (recante la disciplina dell'organo di controllo) non si menziona più il collegio sindacale, ma il sindaco unico e così in tutti i suoi commi:
- primo comma: nomina facoltativa del sindaco;
- secondo comma: nomina obbligatoria nel caso in cui la S.r.l. abbia un capitale superiore a Euro 120.000,00;
- terzo e quarto comma: presenza del sindaco unico in tre situazioni: nella S.r.l. tenuta alla redazione del bilancio consolidato; nella S.r.l. che controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; nella S.r.l. che per due esercizi consecutivi , abbia superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'art. 2435-bis c.c.


Molti sono i problemi lasciati aperti dall'innovazione normativa.



Innanzitutto nulla si precisa circa  i sindaci supplenti in presenza di sindaco unico.
L'assemblea dovrebbe nominare comunque due supplenti, cosa abbastanza singolare visto che il titolare sarebbe una persona sola.
Anche la materia dei compensi non viene trattata. 
Non si capisce se il compenso dovrà essere equiparato al compenso del Presidente o dovrà -visto che il lavoro rimarrà lo stesso- essere equiparato al cumulo dei compensi precedenti.
Infine, con riferimento all'ultimo comma dell'art. 2477 c.c.  (disciplinante l'ipotesi di superamento dei limiti dimensionali e la tempistica obbligatoria per la nomina dell'organo di controllo) bisogna fare una più ampia digressione.
Le prime interpretazioni espresse a commento della norma sono state diametralmente opposte.
Da un lato il notaio A. Busani, secondo cui il riferimento al sindaco unico è netto.
Il rinvio nel penultimo comma dell'art. 2477 c.c. alla disciplina delle  S.p.a. non deve ritenere possibile una reintroduzione obbligatoria  del collegio, visto che se la norma fosse così interpretabile l'istituto nella sua nuova forma sarebbe applicabile solo nell'ipotesi facoltativa dell'art. 2477 primo comma, mentre ne rimarrebbero fuori tutte le altre, svuotando di significato la novità normativa.
Dall'altro la recentissima interpretazione dell'Ordine dei Commercialisti secondo cui per effetto della forza attrattiva del nuovo regime per le S.p.a anche per le s.r.l. di dimensioni maggiori è obbligatorio l'organo collegiale, essendo rimasto inalterato il richiamo del codice civile all'art. 2477 c.c.. 
Inoltre tale interpretazione sarebbe corroborata da una considerazione sistematica sulla sostanziale unitarietà di fondo del sistema dei controlli in base alle dimensioni della società, controlli che non potrebbero essere diversi a seconda del tipo prescelto.

S.P.A.
Nelle S.p.a.  la regola generale è ancora il collegio sindacale, quindi l'organo pluripersonale.
E' possibile, peraltro, per statuto prevedere l'organo unipersonale solo sotto un milione di ricavi o patrimonio; il collegio rimane obbligatorio sopra il milione.
Le S.p.a. potranno scegliere se prevedere il sistema opzionale del sindaco unico al posto dell'organo pluripersonale, rimettendo all'assemblea la scelta, ovvero ammettere  solo il collegio sindacale, come sistema vincolante unico.


COLLEGI SINDACALI ESISTENTI

Salvo  che i componenti non rassegnino le dimissioni autonomamente, è ipotizzabile che i collegi attuali rimarranno in carica fino alla scadenza del mandato.  

Anche secondo l'interpretazione dei commercialisti, nessun organo di controllo deve ritenersi decaduto, in quanto il termine di durata triennale è inderogabile e pertanto non è possibile che l'entrata in vigore della legge costituisca causa di decadenza dell'organo.

martedì 1 novembre 2011

In un caso specifico è possibile la rinunzia al beneficio "prima casa"

Di regola la rinunzia all'agevolazione "prima casa" non è ammessa dall'Agenzia delle Entrate. 
Tuttavia la stessa Agenzia con la recente e interessantissima  risoluzione 105/E del 31 ottobre 2011 ha  individuata un'eccezione al principio generale.

CASO
Il caso affrontato riguarda la mancata volontà di conseguire il requisito  (fra quelli previsti tassativamente dalla lettera a del comma 1 della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 26 aprile 1986, n. 131) consistente nella necessità che l’immobile da acquistare sia "ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza”.
In altri termini, per conseguire l’agevolazione “prima casa” è necessario, tra l’altro, che l’acquirente abbia o si impegni ad ottenere la residenza nel comune in cui intende acquistare l’immobile abitativo.  
L'acquirente nell'atto rende una dichiarazione d'obbligo che si riterrà ottemperata secondo la circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, parag. 2.4, nella stessa data in cui l’interessato abbia presentato  al comune, ai sensi dell’art.18, comma 1 e 2, del DPR 30 maggio 1989, n. 223 (regolamento anagrafico della popolazione residente) la dichiarazione di trasferimento.
Nel caso sottoposto all'Agenzia, l’istante, pur essendosi assunto detto impegno a trasferire la propria residenza nel nuovo comune, non poteva successivamente  rispettare l'obbligo per motivi personali.

Conseguentemente chiedeva di poter rinunziare all'agevolazione, corrispondendo solo la differenza fra l'imposta agevolata e quella ordinaria, senza sanzioni.

SOLUZIONE DELL'AGENZIA
L'Agenzia nel rispondere al quesito, premette che non vi è traccia normativa della possibilità di rinunziare al beneficio fiscale invocato.
In particolare si ricorda che la Suprema Corte in più occasioni ha chiarito  che non è possibile conseguire  l’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa,  previa rinunzia ad un precedente analogo beneficio, conseguito in virtù  della medesima disciplina,  non essendo l'agevolazione in parola revocabile per definizione (v. Cass. 8784/200, 9607/200 e 229/2003).
Esaminando il requisito dell'obbligo di trasferimento si evince tuttavia che questo dipende da un comportamento volontario del contribuente da porsi in essere dopo la stipula dell'atto.
Per la sua stessa natura e peculiarità si ritiene che  qualora tale comportamento non possa o non voglia essere realizzato, l'acquirente possa decidere di revocare la dichiarazione di volontà resa nell'atto di acquisto.

MODALITA' DI REVOCA DEL BENEFICIO E TRATTAMENTO TRIBUTARIO
Il contribuente deve presentare una apposita istanza all'ufficio presso il quale l’atto è stato registrato, con la quale:
a) manifesti di revocare la dichiarazione d’intenti espressa in atto d ivolere trasferire la propria residenza nel comune nel termine  di diciotto mesi dall’acquisto;
b) richieda una nuova liquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione.

Ovviamente tale istanza deve essere presentata sia nel caso in cui l’atto per il quale si sia fruito delle agevolazioni “prima casa” sia stato assoggettato ad imposta di registro che per quelli assoggettati ad IVA. 
  
L’ufficio procederà alla nuova liquidazione dell’atto di compravenduta  ed alla notifica di apposito avviso di 
liquidazione dell’imposta dovuta oltre che degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita.  
In tal caso al contribuente verrà richiesto 
- un importo pari alla differenza tra l’IVA o Imposta di Registro determinata con l’aliquota applicabile  in assenza di agevolazione e quella agevolata;
- gli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto.  



Non trova, invece, applicazione la sanzione pari al 30 per cento di cui all’art. 1,  quarto comma, della Nota  II-bis) allegata al TUR in quanto, entro il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto non può essere imputato al contribuente il mancato  adempimento dell’impegno assunto, cui consegue la decadenza dall’agevolazione.




ALTRO CASO TRATTATO INDIRETTAMENTE

L'Agenzia con l'occasione chiarisce un'altra fattispecie ricollegabile sempre allo stesso requisito non ottemperato.
Qualora siano decorsi i diciotto mesi senza che il contribuente sia ricorso alla rinunzia del beneficio e prima che l’ufficio abbia accertato la decadenza dal regime di favore, lo stesso contribuente potrà  accedere, ricorrendone i presupposti, all'istituto del ravvedimento operoso, ossia effettuare spontaneamente l’adempimento omesso o irregolarmente eseguito nel rispetto di scadenze normativamente predeterminate, beneficiando di una riduzione della sanzione.  

Anche in tal caso è necessario presentare apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto, con cui
a) dichiarare  l’intervenuta decadenza dall'agevolazione;
b) richiedere la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta.  

Al contribuente verrà richiesto 
- un importo pari alla differenza tra l’IVA o Imposta di Registro determinata con l’aliquota applicabile  in assenza di agevolazione e quella agevolata;
- gli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto;
- le sanzioni pari al 30 per cento dell’imposta opportunamente ridotta, ricorrendone i presupposti, in applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. n. 472 del 1997). 

Nella particolare fattispecie, i diversi termini a cui l'art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997 ricollega differenti riduzioni delle sanzioni decorrono dal giorno in cui si è verificata la decadenza dall'agevolazione (ossia dal giorno in cui maturano i 18 mesi dalla stipula dell'atto). 

Anche tale procedura deve essere seguita sia con riferimento agli atti assoggettati ad imposta di registro che ad IVA.
  
A seguito della liquidazione operata  dall'Ufficio, il contribuente potrà perfezionare il ravvedimento con il pagamento della maggiore imposta, sanzioni ed interessi, nel termine di sessanta  giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione. 

domenica 30 ottobre 2011

L'Agenzia delle Entrate chiarisce la rivalutazione dei terreni e delle quote

L'Agenzia delle Entrate ha emanato il 24 ottobre 2011 la  CIRCOLARE N. 47/E  che torna nuovamente sul tema della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni detenute, possibile a seguito della nuova riapertura dei termini ex Articolo 7,  comma 2, lettere da dd) a gg), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011 n. 106:   

Quest'ultima disposizione ha fissato al 1° luglio 2011 la nuova data in cui deve essere verificato il possesso dei predetti beni ai fini di una nuova rideterminazione del loro costo o valore di acquisto. 
Inoltre, con la successiva lettera  dd-bis), introdotta in sede di conversione del decreto, ha ampliato la categoria dei soggetti che possono avvalersi della facoltà di rideterminare il valore dei terreni e delle partecipazioni, estendendo tale possibilità anche alle società di capitali i cui beni, per il periodo di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001, e successive modificazioni, siano stati oggetto di misure cautelari e che all’esito del giudizio ne abbiano riacquistato la piena proprietà.


Le  società di capitali devono risiedere nel territorio dello Stato ovvero non essere residenti ma esercitare la propria attività nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni. 
Sotto il profilo temporale, la procedura di rideterminazione è  consentita con riferimento ai beni posseduti alla data del 1° luglio 2011 e risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla medesima data. 

Ai fini di applicare la norma, come è ben noto, bisogna procedere a far redigere sia per le partecipazioni sia per i terreni  un’apposita perizia giurata di stima, da professionisti abilitati, entro il termine del 30 giugno 2012, da cui emerga il valore dei suddetti beni al 1° luglio 2011 
L'Agenzia ricorda che i soggetti abilitati alla redazione delle perizie sono:

a) con riferimento ai titoli, quote e diritti non negoziati nei mercati regolamentati, gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonché negli iscritti nell’elenco dei revisori legali dei conti (v. articolo 5 della legge n. 448 del 2001);
b) con riferimento ai terreni  edificabili e con destinazione agricola, gli iscritti agli albi degli  ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici,  dei periti agrari e dei periti industriali edili (v. articolo 7 della legge n. 448 del 2001);
c) con riferimento ad entrambe le categorie,  i periti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e  agricoltura, ai sensi del testo unico di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 (v. articolo 1, comma 428, della legge 30 dicembre 2004, n. 311). 

Le perizie possono essere presentate per la asseverazione, oltre che presso la cancelleria del tribunale, anche presso gli uffici dei giudici di pace e presso i notai. 
Per quanto riguarda le partecipazioni, la perizia,  i dati dell’estensore della stessa e il codice fiscale della società periziata  devono essere conservati dal contribuente ed esibiti o trasmessi, su richiesta, all’Amministrazione finanziaria.  



La perizia deve essere redatta e giurata prima  della cessione della relativa partecipazione o del terreno.
L'Agenzia  infatti ribadise  con riferimento a quest'ultima ipotesi (cessione di terreno), che al fine della determinazione della plusvalenza il valore periziato deve essere indicato nell’atto.


L’efficacia della procedura di rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni è condizionato al versamento di un’imposta sostitutiva nella misura del:  
= 2 per cento del valore risultante dalla perizia, per le partecipazioni non qualificate; 
= 4 per cento del valore risultante dalla perizia, per le partecipazioni qualificate e per i terreni. 
Il versamento dell’imposta sostitutiva deve essere  effettuato entro il 30 giugno 2012 in un’unica soluzione oppure può essere rateizzato fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data.
Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo da versare contestualmente a ciascuna rata (30 giugno 2013 - ovvero 1° luglio 2013 atteso che il 30 giugno cade di domenica - e 30 giugno 2014). 


Il contribuente può rideterminare il valore delle partecipazione e  dei terreni detenuti alla data del 1° luglio 2011 anche nell'ipotesi in cui abbia già in precedenza usufruito di analoghe disposizioni agevolative. 
Tale possibilità è consentita anche nel caso in cui la seconda perizia giurata di stima riporti un valore inferiore a quello risultante dalla perizia precedente. 
Un’importante disposizione è stata ora introdotta dalla lettera ee) del comma 2 dell’articolo 7 del  decreto che ha previsto per la prima volta la possibilità  per i soggetti che si avvalgono della rideterminazione delle  partecipazioni e dei terreni posseduti alla data del 1° luglio 2011 di scomputare dall'imposta sostitutiva dovuta




La lettera ff) del comma 2 dell’articolo 7 del decreto, invece disciplina l’ipotesi in cui il contribuente che in passato abbia già rideterminato il valore delle partecipazioni e dei terreni posseduti, in sede del nuovo versamento non effettui lo scomputo dell’imposta già versata e quindi prevede la possibilità di chiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva pagata in passato, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973.

Vengono indi fornite indicazioni sulla gestione del contenzioso e sulla dichiarazione dei redditi, per le quali si rinvia alla circolare medesima.

Infine l'Agenzia riassume in un quadro sinottico le fonti normative e gli interventi interpretativi in materia. 

domenica 23 ottobre 2011

Edilizia privata: come vengono applicate le norme del decreto sviluppo in Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna, per l'introduzione della Scia in edilizia e delle nuove norme in materia del d.l. sviluppo (legge 12 luglio 2011 n. 106 che ha convertito con modificazioni il d.l. 13 maggio 2011 n. 70) non è stato necessario emanare una nuova legge regionale, ma solo puntualizzare a livello interpretativo disposizioni già esistenti.

Questo  lo scopo della deliberazione della giunta regionale n. 128 del 12 settembre 2011 recante "Indicazioni applicative in merito alle disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto legge 70/2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 106/2011 in materia di titoli abilitativi e di riqualificazione incentivata delle aree urbane" (contenute nell'allegato alla delibera medesima).

In sintesi, il contenuto.

Nel d.l. sviluppo, l'articolo 5,  intitolato "Costruzioni private" introduce una serie di modificazioni alla legislazione statale T.U. 380/2001, in particolare con riferimento:

- al procedimento per il rilascio del permesso di costruire;
- all'introduzione di una tolleranza del 2% nelle misure progettuali;
- alla SCIA in edilizia;
- alla riqualificazione incentivata delle aree urbane.


PROCEDIMENTO PER IL RILASCIO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE
Il comma 2, lettera a), numero 3 sostituisce l'art. 20 del D.p.r. 380/2001 in tema di procedimento per il rilascio del permesso di costruire. 
Le modifiche attengono:
- all'introduzione dell'istituto del silenzio assenso che si forma decorsi 90 gg. (o 150 gg. per le città con più di 100.000 abitanti o per progetti complessi) dall'istanza;
- all'introduzione di una responsabilità per il progettista che deve asseverare la conformità del progetto alla pianificazione urbanistica, ai regolamenti edilizi e alle normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia.
Nella legge regionale 31/2002 il procedimento è già regolato dal silenzio assenso e dall'asseverazione del progettista.
La norma regionale fra l'altro stabilisce termini temporali più brevi -75 e 135 gg.- in luogo dei 90 e 150 previsti dalla norma statale e quindi continua a trovare applicazione.
Non si applica pertanto in Emilia l'art. 20 del D.p.r. 380/2001, fatte salve le disposizioni inerenti sanzioni penali di esclusiva competenza statale, tra cui la nuova previsione del comma 13 dell'art. 20 del D.p.r 380/2001, sul reato di false dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni nei titoli abilitativi edilizi.

TOLLERANZA DEL 2% NELLE MISURE PROGETTUALI
La previsione di cui al comma 2, lettera a) numero 5) della disposizione in oggetto inserisce nel DPR 380/2001 il nuovo comma 2-ter dell'art. 34 che introduce la tolleranza del 2%  delle misure progettuali nella valutazione delle difformità delle opere edili dai titoli abilitativi, in particolare in presenza di altezze, distacchi, cubatura o superficie coperta.
Quest'istituto della c.d. tolleranza costruttiva è già stato introdotto nella vigente legislazione regionale dall'articolo 19-bis della legge regionale 21 ottobre 2004, n. 23  (a seguito delle modifiche di cui alla l.r. 6/2009.
Essendo le previsioni assolutamente analoghe a quelle del nuovo comma 2-ter dell'art. 34, in Emilia si continuerà ad applicare l'articolo 19-bis della L.R. 23/2004.  

SCIA IN EDILIZIA
La Scia è stata  introdotta dal d.l. 31 maggio 2010 n. 122, sostituendo  l'istituto della d.i.a..
La peculiarità principale del sistema è l'immediato avvio dell'attività, senza bisogno di attendere un lasso temporale prima dell'inizio lavori.
Il comma 2 lettere b) e c)  della disposizione in oggetto ha chiarito che:
- la SCIA trova applicazione in materia di edilizia;
- la SCIA non sostituisce completamente la DIA: continua ad applicarsi la DIA per quegli interventi, sottratti dal permesso di costruire, ma  subordinati alla DIA dalla Legge Ragionale (c.d. super DIA);
- il termine per l'esercizio del potere inibitorio comunale della SCIA è ridotto da 60 gg. a 30 gg.;
- la SCIA non sostituisce:
-- gli atti autorizzativi delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale;
-- gli atti previsti dalla normativa antisismica.
La deliberazione della Giunta regionale, pur confermando i dubbi di incostituzionalità della norma, per cui la regione ha presentato ricorso innanzi alla Corte Costituzionale, ritiene che queste precisazioni abbiano eliminato i principali dubbi applicativi.
In attesa della pronuncia della Consulta, è stata fornita la seguente ricostruzione del quadro normativo regionale:
- gli interventi di cui all'art. 8 della legge regionale 31/2002,  sottoposti a DIA obbligatoria, sono ora soggetti a SCIA, ad eccezione di quelli che sono assoggettati a Permesso di costruire da delibera del Consiglio Comunale (2^ comma dell'art. 8);
- gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire per cui ai sensi dell'art. 9 della legge regionale 31/2002 è possibile fare ricorso in alternativa alla DIA (c.d. SuperDIA), continuano ad essere soggetti a DIA.

RIQUALIFICAZIONE INCENTIVATA DELLE AREE URBANE  
Il comma 9 dell'articolo 5 in oggetto  prevede che entro il termine di 60 gg. dall'entrata in vigore della legge di conversione, vengano emanate specifiche leggi regionali  per incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e la riqualificazione di aree urbane degradate,  favorendo anche lo sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili con una serie di meccanismi premiali.
Il successivo comma 10 precisa che gli interventi non possano riferirsi a
-edifici abusivi;
-edifici siti nei centri storici;
-edifici in aree ad inedificabilità assoluta, salvo per quelli per cui è stata rilasciata la sanatoria.

Secondo la giunta, le disposizioni di cui al comma 9 risultano già recepite e disciplinate dalla legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 6 del 2009 che ha introdotto gli artt. 7-ter e A-14-bis della L.R. 20/2000 ed ha riformato la disciplina degli interventi di riqualificazione urbana stabilita dagli articoli 30 e A-11 della L.r. n. 20 del 200 e dalla L.R. n. 19 del 1998.
Quindi l'obbligo sopra indicato e contenuto nel comma 9 dell'articolo 5 risulta già ottemperato dalla regione Emilia-Romagna.

Diversa considerazione vale per il comma 13 che prevede per le Regioni a statuto ordinario,  salva l'emanazione di leggi speciali, le seguenti novità:

a) estensione del  permesso in deroga agli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il mutamento delle destinazioni d'uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari;
b) approvazione dei piani attuativi, come denominati dalla legislazione regionale, conformi allo strumento urbanistico generale vigente, da parte della giunta comunale.

La prima previsione è già inserita nel sistema legislativo regionale con l'art. 15 della L.R. 31/2002 e quindi nulla deve essere introdotto ex novo in Emilia.
La seconda previsione rientra tra le disposizioni di competenza legislativa esclusiva statale (art. 117 della Costituzione) determinando una deroga nella competenza del Consiglio Comunale.
Tale deroga non è in contrasto con le disposizioni regionali sul procedimento di approvazione dei piani urbanistici attuativi di cui all'art. 35 della l.r. 20/2000.
Pertanto si ritiene che la previsione di cui al comma 13 della lettera b) in Emilia-Romagna -come nelle altre regioni a Statuto ordinario- sia entrata a regime  dal 12 settembre 2011.  


domenica 9 ottobre 2011

Nuova dirompente circolare dell'Agenzia delle Entrate in materia di imposta di registro

La circolare  44/E del 7 ottobre 2011 ritorna  su questioni molto tormentate in materia di imposta di registro con un cambiamento di rotta rispetto a precedenti interpretazioni.

Atti contenenti più negozi non espressione di capacità contributiva
A soli pochi giorni dalla circolare della direzione Regionale della Lombardia  16 settembre 2011 n. 114394 in cui si era sostenuto che in caso di atto contenente più negozi soggetti ad imposte fisse, dovessero essere applicate tante imposte fisse quanti negozi, l'Agenzia delle Entrate con la circolare in oggetto  disattende tale interpretazione.
In risposta agli interrogativi posti dal Notariato (da sempre in disaccordo con la tesi succitata)  desume dalle disposizioni dell'articolo 21 del TUR che:
a) nel caso in cui in un atto siano presenti più disposizioni di contenuto economicamente apprezzabile, occorre assoggettare a tassazione autonomamente le singole disposizioni ai sensi del comma 1, del TUR, salvo che tra le singole disposizioni ricorra un rapporto di necessaria derivazione in cui trova applicazione  il comma 2, del 
TUR con la conseguenza che l’imposta deve essere corrisposta solo con riferimento alla disposizione che determina l’imposizione più onerosa; 
b) nel caso in cui le disposizioni contenute nell'atto non siano suscettibili di una autonoma valutazione economica, non si realizza una espressione di capacità contributiva e, pertanto, non trova applicazione il 
disposto di cui all’articolo 21 del TUR.
Ne consegue che sia l'atto che contiene più atti di procura, che quello che contiene più rinunzie all'eredità ex art. 519 c.c. non avendo contenuto patrimoniale, sarà assoggettato ad un'unica imposta di registro.

Modifiche Statutarie
Lo stesso principio affermato per gli atti contenenti più disposizione di contenuto non patrimoniale trova applicazione anche con  riferimento alle singole modifiche statutarie contenute nei verbali assembleari.  
L’articolo 4, della Tariffa, parte prima, allegata  al TUR,  che reca la disciplina della tassazione degli atti societari soggetti a registrazione in termine fisso, stabilisce al comma 1, lettera c), l’assoggettamento ad imposta di registro nella misura fissa di 168,00 euro delle “altre modifiche statutarie, comprese le 
trasformazioni e le proroghe”
Pertanto nel caso di un verbale societario che contiene più disposizioni senza contenuto economico (ad esempio modifica della denominazione sociale e proroga della durata), non può essere integrato un indice di capacità contributiva e, pertanto, l’imposta deve essere corrisposta una sola volta, in misura fissa, per la formalità di registrazione dell’atto.  

Donazioni
Infine l'Agenzia delle Entrate torna sulle donazioni o meglio sull'atto contenga diverse disposizioni donative per le quali non viene corrisposta l’imposta sulle donazioni.  
Il caso più frequente riguarda donazioni effettuate a favore del coniuge e dei parenti in linea retta, qualora il valore non superi euro 1.000.000  per soggetto (lett. a)  ovvero a favore dei fratelli se il valore non superi  euro 100.000 per soggetto (lett. a-bis), ma la fattispecie può anche riguardare gli  atti esenti dall’imposta 
sulle donazioni ai sensi dell’articolo 3 del TUS (ad esempio, i trasferimenti effettuati a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, nonché i trasferimenti, effettuati anche tramite patti di famiglia, di aziende o rami di esse, di azioni e quote sociali, a favore dei discendenti e del coniuge del dante causa) o le donazioni a favore dei portatori di handicap, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, per un valore fino a euro 1.500.000.  
Nella precedente circolare 22 gennaio 2008, n. 3, l'Agenzia aveva affermato la debenza dell’imposta fissadi registro sugli atti donativi sotto franchigia.
Ora anche tenuto conto delle numerose controversie pendenti in materia, ha ritenuto opportuno formulare ulteriori considerazioni. 
Innanzitutto parte dal presupposto che le previsioni contenute nella Tariffa non contemplano la tassazione delle disposizioni donative, né tali atti possono essere  ricondotti nell’ambito della previsione dettata dall’articolo 11 della Tariffa, Parte I (tassazione con l’imposta in misura fissa degli atti pubblici privi di contenuto patrimoniale) in quanto sostanziantesi in attribuzioni dal contenuto  patrimoniale.
In seconda battuta, si sofferma sul contenuto dell'art.  25 del TUR in base al quale “Un atto in parte oneroso e in parte gratuito è soggetto all’imposta di registro per la parte a titolo oneroso, salva l’applicazione dell’imposta sulle donazioni per la parte a titolo gratuito”, ricavandone un principio di alternatività generale di alternatività tra l’imposta di registro e l’imposta sulle successioni e donazioni. 
Ecco che quindi arriva alla conclusione che per la registrazione degli atti che contengono esclusivamente una o più disposizioni donative, di valore inferiore alla franchigia, non deve essere corrisposta l’imposta di registro, neppure in misura fissa, superando  i chiarimenti forniti al riguardo dalla stessaAgenzia con la circolare del 22 gennaio 2008, n. 3.   








martedì 4 ottobre 2011

RILEVAZIONE DEI TASSI DI INTERESSE EFFETTIVI GLOBALI MEDI AI FINI DELLA LEGGE SULL'USURA


MEDIE ARITMETICHE DEI TASSI SULLE SINGOLE OPERAZIONI DELLE BANCHE E DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI NON BANCARI, CORRETTE PER LA VARIAZIONE DEL VALORE MEDIO DEL TASSO APPLICATO ALLE OPERAZIONI DI RIFINANZIAMENTO PRINCIPALI DELL'EUROSISTEMA

PERIODO DI RIFERIMENTO DELLA RILEVAZIONE: 1° APRILE - 30 GIUGNO 2011

APPLICAZIONE DAL 1° OTTOBRE FINO AL 31 DICEMBRE 2011

CATEGORIE DI OPERAZIONI

CLASSI DI IMPORTO
in unità di euro
TASSI MEDI
(su base annua)
TASSI SOGLIA
(su base annua)
APERTURE DI CREDITO
IN CONTO CORRENTE
fino a 5.000
oltre 5.000
11,07
9,22
17,8375
15,5250
SCOPERTI SENZA AFFIDAMENTO

fino a 1.500
oltre 1.500
14,58
13,98
22,2250
21,4750
ANTICIPI E SCONTI COMMERCIALI


fino a 5.000
da 5.000 a 100.000
oltre 100.000
6,64
6,44
4,28
12,3000
12,0500
9,3500
FACTORING

fino a 50.000
oltre 50.000
5,65
3,98
11,0625
8,9750
CREDITI PERSONALI

11,21
18,0125

ALTRI FINANZIAMENTI
ALLE FAMIGLIE E ALLE IMPRESE


10,25
16,8125
PRESTITI CONTRO CESSIONE
DEL QUINTO DELLO STIPENDIO
E DELLA PENSIONE
fino a 5.000
oltre 5.000
13,14
10,88
20,4250
17,6000
LEASING AUTOVEICOLI
E AERONAVALI
fino a 25.000
oltre 25.000
8,71
7,18
14,8875
12,9750
LEASING IMMOBILIARE
- A TASSO FISSO
- A TASSO VARIABILE



6,27
4,14
11,8375
9,1750
LEASING STRUMENTALE

fino a 25.000
oltre 25.000
8,85
5,52
15,0625
10,9000
CREDITO FINALIZZATO
ALL'ACQUISTO RATEALE
fino a 5.000
oltre 5.000
12,56
10,46
19,7000
17,0750
CREDITO REVOLVING

fino a 5.000
oltre 5.000
17,34
12,21
25,3400
19,2625
MUTUI CON GARANZIA IPOTECARIA
- A TASSO FISSO
- A TASSO VARIABILE



5,12
3,30
10,4000
8,1250

AVVERTENZA: AI FINI DELLA DETERMINAZIONE DEGLI INTERESSI USURARI AI SENSI DELL'ART. 2 DELLA LEGGE N.108/96, COME MODIFICATO DAL D.L. 70/2011 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE N. 106/2011, I TASSI RILEVATI DEVONO ESSERE AUMENTATI DI UN QUARTO, CUI SI AGGIUNGE UN MARGINE DI ULTERIORI 4 PUNTI PERCENTUALI. LA DIFFERENZA TRA IL LIMITE E IL TASSO MEDIO NON PUÒ SUPERARE GLI 8 PUNTI PERCENTUALI.

(*)Per i criteri di rilevazione dei dati e di compilazione della tabella si veda la nota metodologica allegata al Decreto

Le categorie di operazioni sono indicate nel Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 23 settembre 2011 e nelle Istruzioni applicative della Banca d'Italia pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2009.