domenica 4 dicembre 2011

Legge di stabilità 2012: novità per i professionisti

La Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012) approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265 prevede una serie di novità dirompenti per i professionisti.

ENTRATA IN VIGORE: 


Art. 36. 
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 33, commi 7, 9, 29, 31, 35 e 36, la presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2012.

In sintesi ecco le novità.


RIFORMA DEGLI ORDINI PROFESSIONALI


Art. 10. (Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti)
1. All’articolo 3, comma 5, alinea, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole: «Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi:» sono sostituite dalle seguenti: «Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti princìpi:».
2. All’articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali sono abrogate con effetto dall’entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5».


Viene prevista come strumento per riformare gli Ordini Professionali (che dovrebbe imporre la formazione continua, l'assicurazione obbligatoria e un procedimento disciplinare terzo) un decreto presidenziale.
Nell'ordinamento italiano il decreto del presidente della Repubblica (in sigla d.P.R., o anche DPR) è un atto del Presidente della Repubblica.
Gli atti emanati con DPR sono: 
i regolamenti governativi;
gli atti di nomina degli alti funzionari e dirigenti dello Stato, secondo quanto stabilito dalla legge;
gli altri atti indicati in maniera speciale dalla legge.
Il dubbio che gli ordini professionali hanno espresso è se lo strumento giuridico del Dpr sia un veicolo giuridico idoneo per un Riforma delle professioni.
Da un lato, infatti ci si è domandato se un DPR possa incidere su norme di rango primario in base a quanto previsto dall'articolo 17 comma 2 della legge 400/1988 ("2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari."), dall'altro se sia strumento adeguato visto che in base all'art. 117  della Costituzione le professioni rientrano fra le materie concorrenti fra Stato e Regioni (ART. 117: "Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. 
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.") 


SOCIETA' FRA PROFESSIONISTI  (c.d. "STP")


Art. 10. (Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti)
. All’articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali sono abrogate con effetto dall’entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5».
3. È consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile.
4. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda:
a) l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
b) l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento;
c) criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente;
d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.
5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società tra professionisti.
6. La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti.
7. I professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta.
8. La società tra professionisti può essere costituita anche per l’esercizio di più attività professionali.
9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
10. Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.
11. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è abrogata.


Le società tra professionisti potranno essere sia società di persone, sia società di capitali, sia società cooperative.
Indipendentemente dal modello organizzativo prescelto, le caratteristiche essenziali delle STP che devono essere desumibili  dallo Statuto sono le seguenti:
- la presenza nella ragione o nella  denominazione sociale (erroneamente la lettera della legge parla di denominazione, ma ritengo che sia una sbavatura nella formulazione) dell'espressione "società fra professionisti";
- la previsione dell'esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento;
- l'indicazione dei criteri e delle modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta;
- la previsione che la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, la disposizione che il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente.

L'aspetto più dirompente della nuovo modello organizzativo si sostanzia non tanto nella possibilità che  possano entrare anche soggetti non professionisti, ma soprattutto nella mancanza di previsioni volte a prevedere limiti al possesso delle quote  o alla partecipazione agli organi deputati all'amministrazione delle società medesime.

Inoltre mentre si ammette la possibilità di società multiprofessionali, si introduce un divieto di partecipazione a più STP, prima non previsto per le associazione di cui all'abrogata L. 1815/1939.

Quest'ultima legge viene fra l'altro abrogata tout court, creando un curioso vuoto normativo.
Da un lato infatti si fa salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge (quindi le vecchie associazioni), evitando la trasformazione degli Studi professionali esistenti, dall'altro però si cancella con un colpo di spugna la normativa in cui essi trovavano la loro ragione di esistere, facendo sorgere il dubbio di quale normativa sia loro applicabile (nuova o vecchia?).


Nulla si dice in merito al profilo fiscale.
Quindi ci si domanda se il trattamento fiscale fra gli studi associati e le società professionali potrà essere diverso ovvero potrà valere il principio già sancito dalla risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 118 del 28 maggio 2003 che ha qualificato come reddito di lavoro autonomo quello conseguito dalle società fra gli avvocati.


Un altro  problema che si renderà necessario affrontare sarà il sistema utilizzabile per passare dalla forma organizzativa dello studio professionale alla stp.
Le ipotesi avanzate nei primi commenti sono o una "trasformazione" sul presupposto che lo studio associato sia equiparabile ad una società semplice (come asserito in alcuni pronunciati giurisprudenziali da ultimo Cassazione 16500/2004) ovvero una sorta di conferimento dell'attività  individuale o associata in società (determinando l'ingresso degli associati in società). Quest'ultima operazione molto dubbia sotto un profilo  civilistico, sarebbe stata avallata dall'Agenzia delle Entrate con la circolare 8/E/2009 e nella Risoluzione 177/E del 2009.



SINDACO UNICO


Art. 14. (Riduzione degli oneri amministrativi per imprese e cittadini)
12. All’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)».
13. L’articolo 2477 del codice civile è così sostituito:
«Art. 2477. - (Sindaco e revisione legale dei conti). – L’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un sindaco o di un revisore.
La nomina del sindaco è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.
La nomina del sindaco è altresì obbligatoria se la società:
a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’articolo 2435-bis.
L’obbligo di nomina del sindaco di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.
Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l’atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal sindaco.
L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina del sindaco. Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato».
14. All’articolo 2397 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Per le società aventi ricavi o patrimonio netto inferiori a 1 milione di euro lo statuto può prevedere che l’organo di controllo sia composto da un sindaco unico, scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro».
15. Nel caso in cui siano entrate in vigore norme di legge o regolamentari che incidano, direttamente o indirettamente, sulle materie regolate dallo statuto sociale, le società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro V del codice civile, le cui azioni non siano negoziate in mercati regolamentati, possono modificare il proprio statuto con le maggioranze assembleari previste in via generale dallo statuto per le sue modificazioni, anche nei casi in cui lo statuto stesso preveda maggioranze più elevate per la modifica di determinati suoi articoli.

S.R.L.
Nelle S.r.l. nella rubrica dell'art. 2477 c.c. (recante la disciplina dell'organo di controllo) non si menziona più il collegio sindacale, ma il sindaco unico e così in tutti i suoi commi:
- primo comma: nomina facoltativa del sindaco;
- secondo comma: nomina obbligatoria nel caso in cui la S.r.l. abbia un capitale superiore a Euro 120.000,00;
- terzo e quarto comma: presenza del sindaco unico in tre situazioni: nella S.r.l. tenuta alla redazione del bilancio consolidato; nella S.r.l. che controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; nella S.r.l. che per due esercizi consecutivi , abbia superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'art. 2435-bis c.c.


Molti sono i problemi lasciati aperti dall'innovazione normativa.



Innanzitutto nulla si precisa circa  i sindaci supplenti in presenza di sindaco unico.
L'assemblea dovrebbe nominare comunque due supplenti, cosa abbastanza singolare visto che il titolare sarebbe una persona sola.
Anche la materia dei compensi non viene trattata. 
Non si capisce se il compenso dovrà essere equiparato al compenso del Presidente o dovrà -visto che il lavoro rimarrà lo stesso- essere equiparato al cumulo dei compensi precedenti.
Infine, con riferimento all'ultimo comma dell'art. 2477 c.c.  (disciplinante l'ipotesi di superamento dei limiti dimensionali e la tempistica obbligatoria per la nomina dell'organo di controllo) bisogna fare una più ampia digressione.
Le prime interpretazioni espresse a commento della norma sono state diametralmente opposte.
Da un lato il notaio A. Busani, secondo cui il riferimento al sindaco unico è netto.
Il rinvio nel penultimo comma dell'art. 2477 c.c. alla disciplina delle  S.p.a. non deve ritenere possibile una reintroduzione obbligatoria  del collegio, visto che se la norma fosse così interpretabile l'istituto nella sua nuova forma sarebbe applicabile solo nell'ipotesi facoltativa dell'art. 2477 primo comma, mentre ne rimarrebbero fuori tutte le altre, svuotando di significato la novità normativa.
Dall'altro la recentissima interpretazione dell'Ordine dei Commercialisti secondo cui per effetto della forza attrattiva del nuovo regime per le S.p.a anche per le s.r.l. di dimensioni maggiori è obbligatorio l'organo collegiale, essendo rimasto inalterato il richiamo del codice civile all'art. 2477 c.c.. 
Inoltre tale interpretazione sarebbe corroborata da una considerazione sistematica sulla sostanziale unitarietà di fondo del sistema dei controlli in base alle dimensioni della società, controlli che non potrebbero essere diversi a seconda del tipo prescelto.

S.P.A.
Nelle S.p.a.  la regola generale è ancora il collegio sindacale, quindi l'organo pluripersonale.
E' possibile, peraltro, per statuto prevedere l'organo unipersonale solo sotto un milione di ricavi o patrimonio; il collegio rimane obbligatorio sopra il milione.
Le S.p.a. potranno scegliere se prevedere il sistema opzionale del sindaco unico al posto dell'organo pluripersonale, rimettendo all'assemblea la scelta, ovvero ammettere  solo il collegio sindacale, come sistema vincolante unico.


COLLEGI SINDACALI ESISTENTI

Salvo  che i componenti non rassegnino le dimissioni autonomamente, è ipotizzabile che i collegi attuali rimarranno in carica fino alla scadenza del mandato.  

Anche secondo l'interpretazione dei commercialisti, nessun organo di controllo deve ritenersi decaduto, in quanto il termine di durata triennale è inderogabile e pertanto non è possibile che l'entrata in vigore della legge costituisca causa di decadenza dell'organo.