La norma che disciplina l'applicazione del beneficio comunemente noto come "beneficio prima casa" (Nota II bis - articolo 1 - Tariffa - D.P.R 26 aprile 131) impone a pena di decadenza all'acquirente non residente nel Comune ove è ubicato l'immobile, di trasferirvi la residenza entro e non oltre 18 mesi.
Non è necessario (salva l'ipotesi di riacquisto) andare ad abitare nella casa comprata, ma solo risiedere nel Comune ove essa è sita.
Stando alla lettera della legge, che non pone eccezioni, se si rivende la casa entro i 18 mesi senza aver spostato la residenza, si decade dal beneficio, anche qualora si sia proceduto in detto lasso temporale a riacquistare una nuova prima casa.
Nel caso poi fosse stato contratto un mutuo per finanziarsi detto acquisto, anche l'aliquota allo 0,25% dell'imposta sostitutiva (essendo ancorata alla sussistenza del beneficio prima casa) verrebbe meno.
La CTP di Milano con la sentenza 59/29/10 ha stabilito (forse più per spirito equitativo, che in ossequio alla disposizione) che non essendo ancora spirato il termine dei 18 mesi previsto dalla legge (dal primo acquisto) per effettuare il trasferimento ed avendo lo stesso contribuente proceduto a riacquistare altra prima casa, non si sia arrecato alcun danno all'Erario in quanto lo stesso contribuente (in 13 mesi) aveva goduto di un immobile usufruendo dei benefici fiscali.
La pronuncia è seguita all'impugnazione da parte di un contribuente di alcuni avvisi di liquidazione con cui l'Agenzia delle Entrate aveva revocato i benefici prima casa (sia in riferimento all'acquisto che al mutuo).
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