domenica 27 febbraio 2011

TRATTAMENTO TRIBUTARIO DEGLI IMMOBILI RURALI: AUDIZIONE ALLA CAMERA DEL DIRETTORE DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO

In data 22 febbraio 2011 si è svolta presso la VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati un’audizione del Direttore dell’Agenzia del Territorio, Gabriella Alemanno, sul tema del trattamento tributario degli immobili rurali.
In sintesi questi i contenuti della relazione.
Le vigenti disposizioni in materia distinguono gli immobili rurali  in  due categorie:
- gli immobili ad uso abitativo;
- gli immobili strumentali connessi allo svolgimento dell’attività agricola, con destinazione diversa da quella abitativa.
La disciplina originaria escludeva, in modo esplicito, l’obbligo di dichiarazione dei fabbricati rurali al catasto edilizio urbano. Quindi, in passato, i fabbricati rurali erano solo censiti al catasto terreni, senza  specificazione della loro effettiva destinazione d’uso e senza attribuzione di rendita .
La loro incidenza economico-fiscale era ricompresa nel “reddito dominicale” dei terreni che componevano l’azienda agraria. 
In considerazione delle difficoltà e del dispendio di risorse degli Uffici competenti, necessari  per accertare il carattere rurale dei fabbricati, il Legislatore è stato sollecitato ad avviare una riforma, finalizzata a definire i criteri per il riconoscimento del carattere di ruralità dei fabbricati.
Le principali previsioni normative sui fabbricati rurali sono contenute nell’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni,  dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133.
Assumono, inoltre, particolare rilevanza, ai fini catastali, le disposizioni recate dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139  (emanato in materia di revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali) e il decreto di attuazione del Ministro delle Finanze 2 gennaio 1998, n. 28. 
Il citato decreto ministeriale ha stabilito anche per le costruzioni rurali l’utilizzazione della procedura di aggiornamento catastale denominata “Docfa” prevista per tutti i fabbricati civili.
Pertanto alle abitazioni rurali può essere attribuita una delle categorie tipiche delle abitazioni civili (categoria “A/2”) od economiche (categoria “A/3”) in modo del tutto indipendente dalla circostanza che l’abitazione sia utilizzata da un imprenditore agricolo. 
L’unico limite previsto per le abitazioni rurale è sancito dal comma 3, lettera e), che afferma: “I fabbricati ad uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1  [abitazioni di tipo signorile] ed A/8 [abitazioni in ville], ovvero le caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969 …, non possono comunque essere riconosciuti rurali”.  
Il quadro di classamento prevederebbe una specifica categoria “A/6-abitazioni di tipo rurale”, ma questa risulta  utilizzabile -sotto il profilo dell’estimo catastale- solo in presenza di specifici indicatori (ormai rarissimi e anacronistici n.d.r.), come assenza di disimpegni, mancanza di servizi igienici all’interno dell’unità abitativa, finiture e pavimentazioni di qualità inferiore a quelle proprie dell’edilizia popolare.   
Ne deriva che le diverse tipologie di fabbricati appartenenti alle altre categorie del gruppo A possono di per sé stessa possedere i requisiti di ruralità.
Agli immobili strumentali  viene invece assegnata la categoria catastale più appropriata individuandola fra  quelle proprie delle categorie dei gruppi ordinari (categorie C) o speciali  (categorie D) in base alle caratteristiche specifiche (consistenza, presenza di  impianti, etc.). 

Il D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 29 novembre 2007, n. 222, nel razionalizzare la disciplina vigente sulla tematica in oggetto, ha introdotto l’articolo 42-bis (Fabbricati rurali), che ha  “riscritto”  i commi 3 e 3-bis del citato art.  9 del D.L. n. 557 del 1993, integrato, successivamente, dall’articolo 1, comma 275, della L. 24 dicembre 2007, n. 244. 
Relativamente agli immobili ad uso abitativo, la nuova legge ha modificato il concetto di “possesso” dell’immobile ad uso abitativo, sostituendolo con quello di  “utilizzazione”, anche per periodi saltuari, ai fini dell’esercizio dell’azienda agricola e superando i concetti di residenza, abitazione principale o dimora. 
Il medesimo articolo 42-bis, inoltre, ha ulteriormente precisato che i soggetti che utilizzano l’immobile come abitazione - in quanto titolari di diritto reale, affittuari oppure soci o amministratori di società agricole - devono rivestire la qualifica di imprenditore agricolo ed essere iscritti nel registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
Inoltre, sono state esplicitamente introdotte altre specifiche tipologie di immobili riconoscibili come rurali e, precisamente,  quelli utilizzati: 
• dalle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;
• per uso di ufficio dell’azienda agricola;
• per la manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o
commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da
cooperative e loro consorzi di cui all’articolo  1, comma 2, del  decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
• per l’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso.
Altra importante novità introdotta dalla predetta norma consiste nel riferimento all’articolo 2135 del codice civile, concernente la definizione di imprenditore agricolo, per gli immobili diversi dall’uso abitativo, ai fini dell’individuazione della tipologia di destinazione d’uso che ne consenta il riconoscimento di ruralità ai fini fiscali. 
Ora una situazione di particolare criticità è sorta da alcune pronunce della Corte di Cassazione relative all’assoggettamento alla imposta comunale sugli immobili (nel seguito ICI) dei fabbricati rurali.
Tale criticità appariva definitivamente risolta dal comma 1-bis dell’art. 23 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207  (aggiunto dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14) il quale ha stabilito, in via interpretativa, che, ai fini dell’assoggettamento alla citata imposta, “non si considerano  fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono
i requisiti di ruralità di cui all’ articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557”.
Ma anche successivamente all’emanazione di tale norma, tuttavia, recenti sentenze della Corte di Cassazione (per tutte sentenze Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 18565 e n. 18570, entrambe del 21 agosto 2009) hanno confermato un orientamento che, con riferimento alla vigente prassi catastale, fa emergere divergenze interpretative relative alla assoggettabilità ai fini ICI degli immobili rurali. 
Nelle citate sentenze (pronunciate tutte con riferimento alla esenzione dei fabbricati rurali dall’ ICI), si sostiene che le abitazioni riconosciute come rurali e gli immobili strumentali all’agricoltura non sono soggette all’imposta solo se classificati, negli atti catastali, rispettivamente, nelle categorie A/6 (Abitazioni di tipo rurale) e D/10 (fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole).
Il predetto indirizzo giurisprudenziale si è via via consolidato: recenti pronunce della Corte di Cassazione, Sezione tributaria (dalla n. 14967 alla n. 15048, depositate il 22 giugno 2010), si uniformano ai criteri espressi in precedenza dalla medesima Corte a Sezioni Unite, subordinando l’esenzione dal pagamento dell’ICI agli immobili appartenenti alle categorie  A/6 e D/10.
L’Agenzia, in varie occasioni, ha ribadito (contro l’orientamento della Suprema Corte) che i requisiti necessari e sufficienti per il riconoscimento del carattere di ruralità di un immobile devono soddisfare le condizioni richiamate all’articolo 9, commi 3 e 3-bis, del decreto legge n. 557 del 1993 e sono del tutto indipendenti dalla categoria catastale attribuita al medesimo immobile.


sabato 26 febbraio 2011

Lavori extracapitolato su prima casa: si applica il 4%

L'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 22 del 22 febbraio 2010  ha fornito chiarimenti sulle aliquote Iva da applicare alle cosiddette migliorie o opere extracapitolato, richieste dai futuri proprietari degli immobili.
La risoluzione risponde ad un interpello, in cui era stata richiesta la corretta aliquota applicabile nell'ambito di lavori di costruzione commissionati a terzi da una cooperativa edilizia a proprietà divisa, mentre i lavori di miglioramento erano stati direttamente appaltati da un socio in possesso dei requisiti "prima casa".
L'Agenzia ha precisato che in linea generale il regime agevolato spetta nelle sole ipotesi di contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione "ex novo" di fabbricati a destinazione abitativa non di lusso.
Tuttavia anche in questo caso, considerato che il socio che richiede le migliorie è in possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione prima casa, si ritiene che alle relative prestazioni torni applicabile l’aliquota del 4 per cento (prima casa), ai sensi del richiamato n. 39) della Tabella A, parte seconda, allegata al DPR n. 633 del 1972.
Infatti, non si tratta di prestazioni autonome, seppur rese nei confronti di un soggetto diverso dal committente principale, ma bensì  inquadrabili  nel processo di costruzione dell’immobile, ed aventi ad oggetto l’inserimento di materiali particolari o accorgimenti costruttivi destinati ad assicurare una migliore funzionalità dell’alloggio.
Tale conclusione è supportata, tra l’altro, dalla circolare n. 219/E del 30 novembre 2000 che ha riconosciuto la spettanza dell’aliquota IVA del 4 per cento in relazione ai lavori di ampliamento degli edifici già costruiti o in corso di costruzione, nell’ipotesi in cui il committente sia una persona fisica in possesso dei requisiti “prima casa”.

sabato 19 febbraio 2011

PROCURE PER L’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA SENZA BOLLO

Con la risoluzione n.13/E del 9 febbraio 2011, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le procure speciali, redatte secondo le forme di cui all’articolo 63 del d.p.r. n. 600 del 1973, nel caso in cui vengano rilasciate in vista del compimento di atti, per il rilascio di copie del procedimento di accertamento e riscossione di qualsiasi tributo, per la presentazione di dichiarazioni o denunzie, documenti e copie presso i competenti uffici dell’Amministrazione finanziaria ai fini dell’applicazione delle leggi tributarie,  siano esenti da bollo ai sensi dell’articolo 5 della Tabella (allegata al medesimo d.p.r.) in deroga al trattamento ordinario previsto dall’art. 2 della tariffa allegata al d.p.r. n. 642 del 1972. 



L’Agenzia ha specificato che “rientrano nel delineato regime di esenzione, ad esempio, le procure speciali di cui al comma 1-bis dell’articolo 7 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 che sono, infatti, utilizzate nell’ambito del procedimento di accertamento dell’obbligo tributario” ovverosia quelle che il contribuente può utilizzare nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione. 

La risoluzione ha precisato che “il delineato regime di esenzione trova applicazione anche con riferimento alla autenticazione della sottoscrizione apposta in calce alla procura”. 

Nell’ultimo inciso della risoluzione l’Agenzia ha ricordato che “sui documenti”, rilasciati in esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo, è necessario indicare l’uso per il quale gli stessi sono destinati.

IL SIGLATO IL NUOVO ACCORDO PER IL CREDITO ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

I quattro pilastri dell’accordo sono: 

a) proroga di 6 mesi dell’Avviso comune, ossia possibilità di chiedere sino al 31 luglio 2011 la moratoria dei finanziamenti che non hanno usufruito della sospensione; 
b) possibile allungamento per i mutui che hanno già avuto la sospensione, per garantire se necessario un sostegno alla liquidità delle imprese; 
c) per chi lo richieda, possibilità di utilizzare strumenti per gestire il rischio di tasso per i mutui interessati all’allungamento; 
d) appositi finanziamenti per le imprese che avviano processi di rafforzamento patrimoniale. 

La nota stampa dell’Abi precisa che in circa un anno e mezzo sono stati sospesi i debiti di circa 190 mila PMI, per un controvalore di finanziamenti pari a 56 miliardi di euro e partendo da questo caso di successo, l’ABI, insieme al Governo e alle altre Associazioni imprenditoriali, ha ritenuto opportuno dare seguito al proprio impegno a supporto delle imprese italiane con un nuovo Accordo che ne replica il modello e vuole essere il suo naturale sviluppo.

mercoledì 9 febbraio 2011

E' stato pubblicato il decreto attuativo in materia di Credito al Consumo

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 2011 è stato pubblicato il Decreto dell'Economia del 3 febbraio 2011  "Determinazioni in materia di Credito al Consumo".
Trattasi di provvedimento attuativo e di una serie di deleghe date dal Governo alla Banca d'Italia con riferimento alla nuova disciplina del Credito al Consumo oggetto del D.L. 141/2010 e successive disposizioni e mira a promuovere la trasparenza e l'efficienza del mercato del credito ai consumatori, la diffusione di pratiche responsabili nella concessione del credito e ad assicurare un elevato grado di tutela dei consumatori.
La Banca d'Italia sarà chiamata a disciplinare:
- l'applicazione della disciplina sul credito al consumo ai servizi di pagamento con carta di credito (art. 2);
- le modalità di calcolo TAEG (art. 3), percentuale che dovrà tenere conto di tutte le spese necessarie per l'ottenimento del finanziamento (compresi i costi di eventuali intermediari o i costi di apertura e e gestione di eventuali carte "revolving" collegate);
- le modalità degli annunci pubblicitari relativi ai contratti di credito (art. 4);
- le informazioni che il cliente ha diritto di richiedere prima della conclusione di un Contratto di Credito. Si stabilisce che  "prima della conclusione del contratto di credito il finanziatore assicura inoltre che il consumatore possa ottenere agevolmente e gratuitamente chiarimenti che gli consentano di valutare se il contratto proposto sia adatto alle proprie esigenze e alla propria  situazione finanziaria" (art. 5);

- le informazioni e le condizioni da inserire nei contratti (art. 8); 
- il termine di invio di una comunicazione in caso di sconfinamento del consumatore e le condizioni in cui detto sconfinamento è ritenuto rilevante (art. 11).

Al fine di evitare di approfittarsi di situazioni di debolezza di determinate categorie di persone, i finanziatori devono assolvere all'obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore e la sua situazione finanziaria (art. 6).
L'accesso alle Banche dati contenenti informazioni sul credito è consentito ai Finanziatori abilitati della UE (art. 7). 
Nei contratti di durata, la comunicazione completa  e chiara dell'andamento del rapporto e delle condizioni deve essere fornita con cadenza almeno annuale (art. 9).
Il compenso di un intermediari del credito deve essere comunicato al finanziatore e detto compenso deve essere considerato nel computo del TAEG  *(art. 12).

* PICCOLO GLOSSARIO 

DEFINIZIONE DI TAEG o ISC
Indice sintetico di costo o Indicatore sintetico di costo (ISC), noto in precedenza come Tasso annuo effettivo globale (TAEG) è l'indicatore di tasso di interesse di un'operazione di finanziamento (ed es. un mutuo o l'acquisto rateale di beni o servizi).
È espresso in percentuale ed indica il costo effettivo del finanziamento.

È stato introdotto per la prima volta nel sistema normativo italiano nella Deliberazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio n. 10688 del 4/03/2003, art. 9 comma 2, che ha demandato a Banca d'Italia di individuare quali siano le operazioni e i servizi a fronte dei quali detto indice, "comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell'operazione per il cliente", debba essere segnalato, nonché la formula per rilevarlo.

Il Tasso Annuo Effettivo Globale rappresenta il costo effettivo dell'operazione espresso in percentuale che il cliente deve alla società che ha erogato il prestito o il finanziamento. 
Il T.A.E.G. racchiude contemporaneamente sia il T.A.N. (Tasso Annuo Nominale), cioè la percentuale di interesse che grava sul prestito, che le spese di emissione della pratica e della documentazione.
T.A.N. + spese di istruttoria e documentazione = T.A.E.G.