Di regola la rinunzia all'agevolazione "prima casa" non è ammessa dall'Agenzia delle Entrate.
Tuttavia la stessa Agenzia con la recente e interessantissima risoluzione 105/E del 31 ottobre 2011 ha individuata un'eccezione al principio generale.
CASO
Il caso affrontato riguarda la mancata volontà di conseguire il requisito (fra quelli previsti tassativamente dalla lettera a del comma 1 della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 26 aprile 1986, n. 131) consistente nella necessità che l’immobile da acquistare sia "ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza”.
In altri termini, per conseguire l’agevolazione “prima casa” è necessario, tra l’altro, che l’acquirente abbia o si impegni ad ottenere la residenza nel comune in cui intende acquistare l’immobile abitativo.
L'acquirente nell'atto rende una dichiarazione d'obbligo che si riterrà ottemperata secondo la circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, parag. 2.4, nella stessa data in cui l’interessato abbia presentato al comune, ai sensi dell’art.18, comma 1 e 2, del DPR 30 maggio 1989, n. 223 (regolamento anagrafico della popolazione residente) la dichiarazione di trasferimento.
Nel caso sottoposto all'Agenzia, l’istante, pur essendosi assunto detto impegno a trasferire la propria residenza nel nuovo comune, non poteva successivamente rispettare l'obbligo per motivi personali.
Conseguentemente chiedeva di poter rinunziare all'agevolazione, corrispondendo solo la differenza fra l'imposta agevolata e quella ordinaria, senza sanzioni.
SOLUZIONE DELL'AGENZIA
L'Agenzia nel rispondere al quesito, premette che non vi è traccia normativa della possibilità di rinunziare al beneficio fiscale invocato.
In particolare si ricorda che la Suprema Corte in più occasioni ha chiarito che non è possibile conseguire l’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa, previa rinunzia ad un precedente analogo beneficio, conseguito in virtù della medesima disciplina, non essendo l'agevolazione in parola revocabile per definizione (v. Cass. 8784/200, 9607/200 e 229/2003).
Esaminando il requisito dell'obbligo di trasferimento si evince tuttavia che questo dipende da un comportamento volontario del contribuente da porsi in essere dopo la stipula dell'atto.
Per la sua stessa natura e peculiarità si ritiene che qualora tale comportamento non possa o non voglia essere realizzato, l'acquirente possa decidere di revocare la dichiarazione di volontà resa nell'atto di acquisto.
MODALITA' DI REVOCA DEL BENEFICIO E TRATTAMENTO TRIBUTARIO
Il contribuente deve presentare una apposita istanza all'ufficio presso il quale l’atto è stato registrato, con la quale:a) manifesti di revocare la dichiarazione d’intenti espressa in atto d ivolere trasferire la propria residenza nel comune nel termine di diciotto mesi dall’acquisto;
b) richieda una nuova liquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione.
Ovviamente tale istanza deve essere presentata sia nel caso in cui l’atto per il quale si sia fruito delle agevolazioni “prima casa” sia stato assoggettato ad imposta di registro che per quelli assoggettati ad IVA.
L’ufficio procederà alla nuova liquidazione dell’atto di compravenduta ed alla notifica di apposito avviso di
liquidazione dell’imposta dovuta oltre che degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita.
In tal caso al contribuente verrà richiesto
- un importo pari alla differenza tra l’IVA o Imposta di Registro determinata con l’aliquota applicabile in assenza di agevolazione e quella agevolata;
- gli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto.
Non trova, invece, applicazione la sanzione pari al 30 per cento di cui all’art. 1, quarto comma, della Nota II-bis) allegata al TUR in quanto, entro il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto non può essere imputato al contribuente il mancato adempimento dell’impegno assunto, cui consegue la decadenza dall’agevolazione.
ALTRO CASO TRATTATO INDIRETTAMENTE
L'Agenzia con l'occasione chiarisce un'altra fattispecie ricollegabile sempre allo stesso requisito non ottemperato.
Qualora siano decorsi i diciotto mesi senza che il contribuente sia ricorso alla rinunzia del beneficio e prima che l’ufficio abbia accertato la decadenza dal regime di favore, lo stesso contribuente potrà accedere, ricorrendone i presupposti, all'istituto del ravvedimento operoso, ossia effettuare spontaneamente l’adempimento omesso o irregolarmente eseguito nel rispetto di scadenze normativamente predeterminate, beneficiando di una riduzione della sanzione.
Anche in tal caso è necessario presentare apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto, con cui
a) dichiarare l’intervenuta decadenza dall'agevolazione;
b) richiedere la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta.
Al contribuente verrà richiesto
- un importo pari alla differenza tra l’IVA o Imposta di Registro determinata con l’aliquota applicabile in assenza di agevolazione e quella agevolata;
- gli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto;
- le sanzioni pari al 30 per cento dell’imposta opportunamente ridotta, ricorrendone i presupposti, in applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. n. 472 del 1997).
Nella particolare fattispecie, i diversi termini a cui l'art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997 ricollega differenti riduzioni delle sanzioni decorrono dal giorno in cui si è verificata la decadenza dall'agevolazione (ossia dal giorno in cui maturano i 18 mesi dalla stipula dell'atto).
Anche tale procedura deve essere seguita sia con riferimento agli atti assoggettati ad imposta di registro che ad IVA.
A seguito della liquidazione operata dall'Ufficio, il contribuente potrà perfezionare il ravvedimento con il pagamento della maggiore imposta, sanzioni ed interessi, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione.
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