L’agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 86/E del 20 agosto 2010, ha negato ad un contribuente che aveva già goduto delle agevolazioni “prima casa” in un precedente acquisto, effettuato prima del matrimonio, la possibilità di acquistare nuovamente con tale beneficio una casa più grande e adeguata alle sopravvenute esigenze familiari.
L’Agenzia dopo aver posto l’attenzione del contribuente al dato testuale della norma (Nota II bis posta in calce all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR), ha sottolineato come tale principio risulta inoltre già espresso nella risoluzione n. 25/E del 25 febbraio 2005 e nella circolare n. 19/E del 1° marzo 2001: "Il riferimento operato dalla vigente normativa all’ampia nozione di “casa di abitazione” porta a ritenere che la fruizione dell’agevolazione debba essere esclusa in tutti i casi in cui il soggetto che intende fruire dell’agevolazione risulti già in possesso nello stesso comune o nell’intero territorio nazionale, se acquistato con le agevolazioni, di un immobile ad uso abitativo.”
Non viene peraltro richiesto dalla norma la verifica del concreto utilizzo che dell’immobile viene fatto (non deve essere adibita ad abitazione principale).
I richiamati principi non risultano derogati dalle interpretazioni rese dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 100 dell’8 gennaio 2010, richiamata dal Contribuente, nella quale veniva riconosciuto il diritto di fruire delle agevolazioni “prima casa” anche al contribuente proprietario di altro immobile che per dimensioni e caratteristiche non risultava idoneo a sopperire ai bisogni abitativi del contribuente e della sua famiglia (vedi post del 16 gennaio 2010).
L’Agenzia peraltro non nega l’applicabilità dell’ordinanza in quanto si faceva riferimento ad una normativa “prima casa” precedente a quella vigente (come sottolineato da alcuni commentatori), ma perché la pronuncia in oggetto riguardava una fattispecie del tutto particolare di totale infungibilità del precedente alloggio (immobile di soli 22 mq).
Pertanto i principi interpretativi espressi dalla citata ordinanza non sono suscettibili di essere estesi alla fattispecie in parola.
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